Racconto breve - Romanzi e vetrate di Vittorio Zanoni

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Il destino ama giocare. Prende due palline e le getta dentro un imbuto. Girano, rigirano e poi si incontrano. Prima si sfiorano e poi si toccano. Una delle due esce per prima dal foro stretto, l’altra è costretta a seguire lo stesso percorso.
Possono cadere nello stesso punto, toccarsi ancora, oppure allontanarsi per sempre.
Fausto – 52 anni.
Anna – 48 anni
Le palline son lanciate . Il gioco è fatto.
La strada era stretta.
Fausto ripensava al suo inutile viaggio.
Aria fritta: avrebbe potuto essere in spiaggia con moglie e figli a Cesenatico ed invece aveva dovuto sorbirsi le paranoie di un vecchio signore che non aveva ben capito cosa voleva dire promuovere la propria attività tramite il web. Al ritorno si sarebbe incazzato con Monica, la sua segretaria.
Anna aveva incontrato l’avvocato referente. Si era sobbarcata il peso di un lungo viaggio per definire una questione di eredità di una sua cliente. Avrebbe potuto essere in spiaggia a cuocersi sotto il solo di Fregene.Ora stava ascoltando la voce del navigatore che la stava portando verso l'imbocco dell'autostrada.
La strada stringe, le due auto si incontrano.
La botta è forte. Fausto viene accecato dai vetri del finestrino di sinistra. Ad Anna sembra che il mondo si sia messo a girare.
Entrambi scendono dall’auto. Si guardano e si vedono come due naufraghi usciti indenni da una tempesta.
«Si è fatta male?» chiese premuroso Fausto
Prima di rispondere Anna fece una rapida indagine. Si tocco le braccia ed il viso. «Non credo» rispose.
Fausto prese un fazzoletto e tamponò delle piccole ferite sulla fronte di Anna.
Il pensiero di Anna, in quel preciso momento, diventò limpido: ‘di quest’uomo mi posso fidare’. Il gesto di lui era talmente tenero da sciogliere ogni paura.
Anna cercò di inquadrare Fausto. Era sceso dall’auto ed era corso verso di lei, ma non per inveire, non per insultarla.
Lei, in cuor suo, si sentiva in colpa. Sulla strada, talmente stretta, mancava la linea bianca. Dentro di se sapeva che si era distratta.
Il caldo e lo splendido paesaggio l’avevano portata fuori.
Eppure questo uomo stava cercando di allontanare la sua ansia.
Lei aveva gli occhi chiusi e sentiva, le mani forti di lui, carezzargli il viso per togliere le schegge di vetro.
«Io direi di chiamare i Carabinieri. Non tanto per definire il colpevole ma per avere un aiuto logistico.» propose Fausto
Il Maresciallo dei Carabinieri si dimostrò chiaro e sintetico: «Mie cari signori, non possiamo far altro che compilare una constatazione amichevole. Ognuno pagherà i propri danni: non ci sono testimoni e le auto sono state rimosse. Non posso eseguire i rilevamenti.»
Aggiunse poi: «Oggi è il 12 agosto. Le auto verranno portate in autofficina. E’ chiaro che per almeno cinque giorni dovete rassegnarvi a godere lo spettacolo di questo splendido lago. Non troverete, nemmeno a pagarlo a peso d’oro, un meccanico che possa risolvere i vostri problemi.»

Fausto incontrò gli splendidi occhi neri di Anna.
Fu lei la prima a parlare: «Mi presento, sono Anna e vengo da Roma, coniugata e di professione avvocato»
«Benvenuta sulla zattera dell’avventura» replicò Fausto, che aggiunse: «Io sono Fausto, torinese doc. Di professione.. inseguitore di clienti. Cerco di districarmi nel campo dell’informatica. Sono sposato, con due figli, e dovrei essere al mare.»
Il sorriso di Fausto era un’ottima presentazione. Le sue parole scorrevano fluide: «Da naufraghi, si dovrebbe cercare una caverna per passare le notti che ci restano. Visto che siamo fortunati, abbiamo il mio computer portatile. Possiamo cercare un albergo.»
Di contro Anna sorrise. Sbirciava quell’uomo che non rappresentava, per lei, l’immagine maschile che ti fa girar la testa mentre cammini per strada. Alto circa 180 centimetri, capelli brizzolati ed una leggera pancetta di certo inferiore a quella di suo marito Mario.
Lei e Fausto si erano seduti sul muretto del lungolago.
In attesa del carro attrezzi, guardavano sconsolati le loro auto che sembravano soldati feriti, vittime di una rovinosa battaglia.
Fu Anna a parlare: «Mio caro compagno di sventura, credo ci si possa dare del tu non credi?»
«Chiaro» sorrise Fausto che aggiunse: «per fortuna abbiamo un buon campo di frequenza telefonica per poter compiere la nostra indagine. Il paese che vedi a destra è a 2 kilometri.
Anche se abbiamo bagaglio leggero, sarebbe bene chiamare un taxi. Il sole è troppo caldo e non credo che le tue scarpe siano da camminata su asfalto rovente.»
Anna sorrise tra se.
Non poté far a meno di pensare:’’se ha notato le scarpe avrà anche posato gli occhi sulle mie bellissime gambe racchiuse da una minigonna striminzita’’.
Si limitò a dire: «Ti nomino sul campo Capogita ; guarda quello splendido paese dall’altra parte del lago. Come ci si potrà arrivare?»
Fausto non alzò gli occhi dallo schermo del portatile e senza entusiasmo si limitò a commentare che quella che stavano vivendo non era propriamente una gita.
Anna non ebbe il coraggio di aggiungere altro, si sentiva responsabile dell’incidente.
Il taxi li lascio ad un bar di fronte all’imbarcadero.
Davanti ad una bella birra fresca i due si guardarono negli occhi e si misero a sorridere.
«Chi mai avrebbe immaginato, tre ore fa, di vedermi seduta al tavolo di un bar a bere birra con un simpatico sconosciuto?»disse Anna
Fausto guardò il lago che sembrava una tavola. Turisti che salivano e scendevano dal traghetto. Il paesaggio attorno sembrava una cartolina. Le montagne sembravano mani che racchiudevano uno specchio d’acqua.
Si limitò a dire: «Pensa che dovrei essere al mare. Sabbia che brucia i piedi, bambini schiamazzanti e acqua bassa da non vederne il fondo. Avrei fatto carte false per potermene stare tranquillo in un posto come questo. Come posso ringraziarti mia cara Anna?»

Il sorriso di Anna divenne una risata allegra: «io sarò strana.. ma tu sei più fuori di me. Però devo esser sincera: sono in sintonia con te. Questo momento avrei potuto solo sognarlo. Senza l’incidente sarei in macchina: destinazione Roma con la sola aspettativa di passare il solito ferragosto con parenti annoiati.»
Fausto la guardò. Lei si accorse di due occhi verdi che prima non aveva notato
Fu lui a proporsi «Abbiamo un minuto ciascuno per raccontarci: Perde chi non rispetta il tempo.»
Anna si aspettava il solito discorso intriso di banalità. Scesa dalla macchina era pronta a difendersi da insulti e modi sgarbati da parte di un energumeno, oppure avances maleducate da un maschio arrapato alla vista di una minigonna. Invece si trovava di fronte un uomo che non voleva mettersi in mostra mostrando i muscoli ma conoscerla.
Il suo pensiero volava rapido: ‘’Da quanto tempo mio marito non mi ascolta? Da quanto non si accorge del mio malessere interiore? Della mia solitudine che mi sbrana i pensieri giorno per giorno.
«Accetto» fu la pronta risposta di Anna «parto io»
«Ho 48 anni e sono romana de Roma. Quella che sono fuori non è quello che sono dentro. Fuori sono una combattente indomita. Il mio lavoro di avvocato mi porta sempre a lottare eterne guerre. Dentro vivo un’eterna solitudine. Mi identifico ad una pianta incapace di dare frutti. Mi manca tremendamente un figlio.»
Il minuto a sua disposizione era trascorso ma, le lacrime che cominciavano a scendere, l’autorizzavano a proseguire: «Vivo ogni minuto la sua morte. Mi è mancato da subito e mi manca ora. Se fosse nato, oggi avrebbe 20 anni. Ma io dovevo diventare un avvocato di successo e Mario, mio marito, sognava di imporsi come un giornalista di grido.
Ho abortito: ho calpestato per terra il mio frutto.
Poi è arrivata la condanna: non avrei potuto più diventare madre.
Senza parlare Fausto compì l’azione più naturale. Prese dal tavolo un tovagliolo di carta e asciugò le lacrime di Anna.
«Io non ho molto da raccontare» disse Fausto che con calma proseguì «alti e bassi ma, una vita coniugale che si è rafforzata giorno per giorno. Sto con mia moglie da 30 anni e ti assicuro che non l’ho mai tradita. Siamo riusciti a condividere spazi comuni, ma anche inventarci spazi individuali. Non abbiamo mai avuto la stessa linea di pensiero ma, siamo riusciti a rispettarci. Io amo la moto ma lei non ci è mai salita, lei è vegetariana e io amo la carne cotta al sangue.
Siamo due mattoni che han cercato di costruire una casa. I nostri figli son diventati il cemento che li ha tenuti assieme
Finita la confessione reciproca, i due eroi si rimisero al computer per cercare un posto dove passare la notte. Il sole carezzava da vicino le onde del lago. Uno splendido tramonto.
«Niente di niente» commentò sconsolato Fausto. «Solo una camera matrimoniale in un alberghetto che si trova dalla parte opposta del lago. Non ci resta che noleggiare una macchina e ricercare un’altra soluzione.»
«Ci son problemi per la camera matrimoniale?» disse Anna
«Scusa?» Interrogò Fausto
Anna si sentiva davvero bene. Aveva messo in imbarazzo il ‘maschio’ che di certo non si aspettava una simile risposta.
Portò alla bocca il bicchiere e sorseggiò la sua birra. «Caro il mio Fausto, tu hai detto che siamo sopra una zattera. Siamo naufraghi nel pieno dell’avventura. Bene, viviamola senza paura.»
Presero posto sul traghetto. Il sole era ormai scomparso. Davanti a loro cominciavano ad accendersi le luci dei lampioni posti sulla riva del paese che si apprestava ad accoglierli.
Fausto ed Anna si strinsero la mano e cominciarono a ridere: entrambi avevano espresso lo stesso pensiero: le luci sull’acqua sembrano lucciole.
Dopo cena sia Fausto che Anna avevano fatto un preciso resoconto telefonico ai rispettivi coniugi. Senza essersi messi d’accordo, avevano dato una versione simile: «devo aspettare che mi sistemino la macchina. Cercherò di gustare il paesaggio e di rilassarmi. Dovresti vedere che posto d’incanto.
Peccato debba vederlo nella mia completa solitudine.»
I due naufraghi si raccontarono le telefonate fatte e si misero a ridere.
La notte trascorse tranquilla.
La mattina, di buon ora, Fausto svegliò Anna: «Guarda, ho preso i biglietti per un tour di piena giornata sul battello. Visiteremo tutte le isole del lago Maggiore e toccheremo la sponda svizzera.»
Anna sorrise: «Ma siamo in viaggio di nozze?»
Passarono una splendida giornata.
La sera avevano prenotato in una trattoria che aveva i tavoli sopra ad una terrazza da cui si ammirava lo splendore del lago .
Pasta al vino. Stufato al barolo.
«Stai cercando di farmi ubriacare?» Chiese Anna
Fausto sorrise. Nel frattempo versava nel calice di Anna un corposo vino rosso. «Non sono abituato al vino ma, hai ragione, questa cucina è davvero particolare. Riesce a farti stare bene.. anche senza bere.»
Lo sguardo di Fausto era colpito da un movimento continuo al distributore automatico di una farmacia che era posta al lato opposto della strada.
«Sarà un distributore di preservativi ma, mi pare ci siano anche gel per massaggi particolari ed altro…» commentò Anna
«Visto il movimento.. saranno articoli ricercati.» concluse Fausto
Il giorno seguente, Anna e Fausto, fecero le lucertole al sole sulla spiaggetta privata dell’albergo.
Prima di cena ricevettero la telefonata dal meccanico. Tra due giorni le loro auto sarebbero state in grado di marciare.
Anna fece la doccia ed uscì per prima. La sua curiosità era troppo forte. Passò davanti alla farmacia e osservò con attenzione ciò che era esposto nel distributore automatico.
Propose a Fausto di mangiare nella trattoria che avevano conosciuto la sera precedente.
Anna scelse con cura il menu. Filetti di pesce persico ed un’accurata ricerca del vino. Doveva essere leggero e capace di sbloccare freni inibitori. Non forte come il vino rosso della sera precedente che l’aveva posta in uno stato di sonnolenza
Fausto era ignaro del piano di Anna. Aveva semplicemente notato che lei era splendida in quel tubino nero.
Dopo aver gustato un ottimo piatto di pesce Anna si alzò.
Fausto la guardò attraversare la strada e dirigersi decisa verso il distributore automatico della farmacia.
La vide muoversi decisa nel mettere in borsa qualcosa che lui, da lontano, non poteva vedere.
Anna si sedette al proprio posto. Fissò negli occhi Fausto e sorrise nel leggere, nei suoi occhi, domande trattenute.
«Ho voglia di fare l’amore con te. Il nostro amplesso è cominciato nei nostri sguardi. Nel nostro primo sguardo. Ho voglia di viverla senza sentirmi dentro il tarlo della colpa. Il nostro incontro è stato l’inizio. Il nostro amore vero sarà la fine.» Siamo stati due palline gettate dentro un imbuto. Ci siamo incontrati, scontrati, sarebbe meglio dire; amati.
Poi la pallina esce dall’imbuto: una esce prima e l’altra esce dopo. Ognuna riprende il suo percorso.
«Hai preso dei preservativi?» chiese timidamente Fausto
«No, rispose Anna. Non è possibile una gravidanza. E, conoscendoti non temo contagi.»
«E allora?» interrogò Fausto
«Voglio conoscere fino in fondo il piacere dell’amore. Ho preso qualcosa che ci aiuterà ad assaporare ogni fantasia.» rispose Anna
Passarono la notte, ed il giorno seguente avvolti da una passione infinita.
La mattina seguente fu il portiere dell’albergo a risvegliarli. Le loro auto erano pronte.
Fausto ed Anna scesero dalla loro zattera. La loro avventura da naufraghi era terminata.

Buon viaggio Anna
Buon viaggio Fausto

 
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